Imprese Ferme – Imprese Operative e Bloccate dalla PA – Ammortizzatori Sociali Finiti: Cosa Fare

IMPRESE FERME, IMPRESE OPERATIVE E BLOCCATE DALLA PA e AMMORTIZZATORI SOCIALI FINITI: Faro sul TERZO SETTORE e i SERVIZI ALL’INFANZIA.

Proponiamo la lettura di un interessante articolo su il Sole 24 Ore a firma della bravissima Barbara Massara, dal titolo “Finita la cassa buste paga provvisorie in attesa del rinnovo dell’aiuto” del 5 agosto 2020 (http://quotidianolavoro.ilsole24ore.com/art/rapporto-lavoro/2020-08-04/finita-cassa-buste-paga-provvisorie-attesa-rinnovo-dell-aiuto-211143.php?uuid=ADX6Syh), dal punto di vista del Terzo Settore impegnato nei servizi per la Salute o per il Sociale e dal mondo della Scuola privata per l’infanzia.
Cosa fare in attesa del Decreto di Agosto 2020 che potrebbe rinnovare, retroattivamente, ammortizzatori sociali per emergenza Covid-19, in una situazione nella quale molte organizzazioni lamentano l’impossibilità di ripartire, per un possibile corrente indebitamento letale a livello patrimoniale o per quanti hanno potuto e saputo rimodulare i servizi, forniti alla pubblica amministrazione, ma che si scontrano a distanza di mesi con la burocrazia degli enti di prossimità, che sembrerebbero non aver recepito le ordinanze regionali in merito ai rapporti contrattuali.

1: AZIENDE OPERATIVE, FORNITRICI DELLA PA, CON BLOCCO DEI CREDITI SU PRESTAZIONI RIMODULATE e AMMORTIZZATORI SOCIALI è :

E’ doveroso accendere un faro su una conseguenza “letale” di quanto tradotto nell’articolo, per le Organizzazioni che erogano servizi nel Terzo Settore/Salute e per i Servizi dell’Infanzia, in convenzione o accreditamento, è il blocco imprevisto e inspiegabile che alcune Asl e Comuni hanno posto al riconoscimento delle prestazioni rese a distanza e rimodulate dalle varie tipologie di enti.

Per capire bene di cosa si tratta, è necessario premettere subito che il burocrate pubblico né il decisore politico possono stornare, vale a dire spostare, dei fondi previsti per una determinata attività o settore, su un altro. Questo non è chiaramente avvenuto neanche con il DL Cura Italia del 18.3.2020 in poi, per pagare tutti gli ammortizzatori sociali nella fase (perdurante) di emergenza. Volendo utilizzare termini semplici e comprensibili, gli ammortizzatori sono stati finanziati con un indebitamento interno, cui si è ricorso tramite coperture con fondi che non sono quelli della scuola, della riabilitazione o del sociale. Insomma gli enti pubblici hanno in pancia il denaro.

Perché allora tutto è sospeso? Asl e Comuni, ci confermano i nostri associati e clienti, hanno in alcuni casi bloccato i pagamenti ma ancor peggio, la fatturazione elettronica delle prestazioni rese da aprile 2020 in poi, impedendo l’accesso al credito oppure costringendo le organizzazioni della Scuola e del Terzo Settore ad anticipare tutto ciò che si poteva e si era fatturato, per non vedersi piovere contro ricorsi dai lavoratori.

Perché è accaduto? Rispondono le ragionerie e gli uffici di riferimento “per dubbi interpretativi sull’autorizzazione alle attività da remoto e l’entità delle somme da pagare”. Come noto le attività, ordinariamente, sono ricondotte a contratti tra ente locale e asili/centri di riabilitazione ecc ecc. Le ordinanze regionali che si sono susseguite a seguito dei decreti governativi in periodo COVID, non hanno fatto altro, giustamente, che recepire l’indirizzo e modificare lo status quo della tipologia delle prestazioni, ove possibile, pur di procedere a distanza e non lasciare privi i cittadini di servizi essenziali.
Si pensi ai centri di riabilitazione per disturbi cognitivi o alle scuole, hanno ottenuto ricevuto da subito dalla comunità scientifica gli indirizzi per operare. Purtroppo ogni regione ha elaborato sistemi “proprietari” per autorizzare e avviare le prestazioni rimodulate. La Campania, ad esempio, hanno messo per scritto le condizioni anche economiche, nel momento di emergenza, per ripartire (sia da remoto che in presenza), fissando importi o modalità di pagamento in deroga al contratto principale.

DOVE ciò non è avvenuto cosa accade? Accade che debba per forza applicarsi, oltre che l’applicazione di ogni riserva di legge prevista, il sistema pregresso. Quindi a Roma e nel Lazio, per le scuole e la riabilitazione, a parità di tempistica delle prestazioni o di numero di persone da seguire in un determinato lasso di tempo, le tariffe rimangono le precedenti perché non sono stati modificati i contratti. Stesso identico discorso per il recepimento delle richieste di autorizzazione di rimodulazione delle attività, ordinate da molte Regioni per i settori Salute e Sociale, che una volta inviate da parte dell’ente convenzionato, erano da recepirsi con autorizzazione espressa o con silenzio-assenso come per il rinnovo dei progetti riabilitativi, dove non previsto diversamente.

E allora quale è il problema in merito agli ammortizzatori sociali?
E’ molto probabile, lì dove perduri un blocco di certificazione delle fatture su portali elettronici e pagamenti, da parte degli enti locali verso i fornitori, nei termini previsti da contratto, con la scusa della non chiarezza delle ordinanze regionali e delle determinazioni delle direzioni centrali, che sia dato seguito a massive iniziative giudiziali nei confronti degli enti locali.
Se si dovessero concretizzare tali condizioni, sarebbe certa l’apertura di crisi aziendali, mancati pagamenti degli stipendi e contributi dei lavoratori, compensi dei partner, impossibilità di ricorso a posteriori agli ammortizzatori sociali cui le aziende avrebbero potuto aderite totalmente rinunciando ad operare conoscendo, già a marzo o aprile 2020, le difficoltà degli enti locali. Sarebbe inevitabile la distruzione del contratto sociale fiduciario, non scritto, tra le articolazioni dello Stato, i fornitori e i cittadini. Ricordiamo che la dipendenza pubblica è l’unica a cui non si applica cassa integrazione, riduzione oraria o mobilità in queste situazione. A differenza del privato che ha dovuto sostenere l’intero sforzo rischiando ora un tracollo impossibile, a prescindere da decreti di agosto 2020 che potrebbero allungare le settimane di fruizione degli ammortizzatori.

Le conseguenze: oltre al certo ingolfamento della macchina pubblica e della giustizia, sarebbero evidenti i rischi di danno erariale per quei manager e dipendenti pubblici che dovessero irrigidire il sistema per condotte ostinatamente burocratizzate, pur in presenza di erogazione delle prestazioni e ordinanze regionale chiare ai più. Unica soluzione allo stato sarebbe l’intervento del decisore pubblico prima dell’irreparabile, in modo confirmatorio rispetto alle esigenze del privato accreditato e convenzionato che ha lavorato.

Consigli alle aziende nell’attesa: adottare i meccanismi richiamati dalla giornalista Massara nell’artico su il sole 24 ore, con le attenzioni che riportiamo al punto 2 se si parla di aspettativa non retribuita come strumento per creare le tempistiche adatta a trovare soluzioni con Asl e Comuni. Facciamo parlare i contratti sottoscritti con la pubblica amministrazione senza perdere tempo vitale per la sopravvivenza del sistema educativo, della salute e sociale, che ha lavorato. Applicare modifiche formali se proposte e accettate dalle nostre organizzazioni prima dell’erogazione rimodulata delle prestazioni. Altrimenti far valere l’organizzazione ordinaria precedente. La politica ha l’ennesima possibilità di evitare uno scontro sociale tra pubblico e privato, deve essere informata.

2: AZIENDE FERME E AMMORTIZZATORI:

consigliamo di porre molta attenzione allo strumento dell’aspettativa non retribuita, come sistema tampone, soprattutto se non richiesta volontariamente dal dipendente. Questo perché tale strumento esiste nei CCNL di settore come leva emergenziale per il dipendente nei casi nei quali non si rientri nella malattia, infortunio, altre tipologie di permessi una tantum, con la gravissima conseguenza per il lavoratore di non percepire neanche versamenti contributivi. Tradotto in termini previdenziali: il periodo senza contribuzione concorre ad un allungamento dei termini pensionistici, vale a dire che se si gode dell’aspettativa non retribuita oltre a non maturare neanche un euro di paga avremo effetti perniciosi dopo anni. Le aziende più virtuose non dovrebbero adottare soluzioni neanche lontanamente impositive ma concertare in modo chiaro con lavoratori e organizzazioni sindacali se presenti. Il rischio è il susseguirsi di ricorsi giudiziali con effetti nefasti per ogni tipologia di organizzazione.
E’ questa la motivazione principale per la quale la richiesta di aspettativa non retribuita debba essere frutto di una richiesta consapevole e formale del lavoratore. L’utilizzo di sistemi provvisori deve essere adeguatamente valutato tra i responsabili aziendali e la società di consulenza del lavoro partner.

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